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che fu pubblicata in detta Chiesa nel 1258, e si serbava originale nell' archivio de' Minori Conventuali di detto luogo. Che fosse ampia se ne ha un' altro argomento da quanto dicesi nella Bolla di Clemente VIII. del 1591 fatta per l'erezione dell'attuale Collegiata. Sarebbe stato a desiderarsi che ancora reggesse una Chiesa ch' era fuor delle mura di Ancona dedicata.i a San Premiano, che da un' Iscrizione, che ci riferisce il Padre, Fausto Antonio Marroni (31) si fa noto che fu disegno egregio s di Maestro Marcellino di Ugolino del 1228, artefice neppure questo noto all'Abbate Zani, che tanti nomi raccolse nella sual faticosissima Enciclopedia artistica. Se vorremo prestar fede al as Padre Mauro Abbate Sarti (32) faremo rimontare eretta fin dal tempo degli antichi Cupresi la Chiesa de' Santi Eleuterio, e Leonardo, che rifabbricata fino dal 1755 esiste nella terra del Massaccio; e che questa fosse restanrata, e forse di nuovo eretta nel 1239 per cura di un Giovanni Pievano di questa Chiesa lo sappiamo per una pietra incisa e disotterrata in occasione d'escavare i fondamenti della nuova fabbrica. Per parlare in fine di qualche altro tempio, che si stabilì in quella parte della provincia posta al nord ricorderò come fabbrica del 1217 la Chiesa di San Vitale situata nel territorio di Cingoli (33). Del 1211 quella di San Egidio nell' agro tolentinate (34). Così pure non sarà discaro il sapere che nella Chiesa di San Giacomo Maggiore di Tolentino fu traslatata la Pievania di Sant' Andrea in Castro vecchio, la quale esisteva secondo l'Abbate Turchi (35) nel 1233, e che si nomina in due pergamene una del 1251, e l'altra del 1255; che per ultimo nel 1222 fu fabbricata nella terra di San Ginesio la Chiesa di San Giorgio da un Guidarotto figlio di Rinaldo Gozzo (36).

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Dopo aver parlato di parecchie Chiese, che si edificarono presso noi nelle principali diocesi, cade in acconcio il riferire, che la maggior parte delle Cattedrali, anch'esse in questo secolo furono rifabbricate quasi di pianta. Dacchè l'incendio distrusse l'antico Duomo fermano (37), si ha che Alessandro III. desse grandi eccitamenti, perchè i fedeli concorressero all' erezione di una nuova Chiesa, e che fosse eseguito un tale impulso ci

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acile il crederlo. Non incominciamo però a trovarne memoria de el 1227. Per opera di un Giorgio da Como (detto ancora Jesi, forse per averne avuta la cittadinanza) si proseguì lavoro, che erasi di già cominciato (38). Potrebbe dar luogo a qualche dubbio, s'egli fosse quello, che ne fornisse piuttosto O disegno, il vedersi ricordate nella lapide le parole qu fieri fecit, mentre dal tempo in che venne ai fermani Tari & Alessandro III. (per quel che sappiamo) sino alla Sabra del Duomo incominciata, era già scorso quasi un secolo ; poleva essere il primo impianto ridotto a tale deperimento, de di uno nuovo si abbisognasse: e per quanto sia la nostra mera congettura, apparirà nondimeno assai più probabile quella dell' Abate Catalani (39) il quale vorrebbe, che Gergo non fosse l'autore, che del pavimento a mosaico, che Fiera nella tribuna. Imperocchè per dar fondamen'o a questo a pensiero dovrebbe essere stata la lapide collocata nel luogo, Sve rimaneva il supposto lavoro; ma trovandosi invece stabilita

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parte di

parte esteriore e più elevata della facciata, dimostra, di in quell' espressione hoc opus fieri fecit, debbasi intendere, 'intera fabbrica del tempio, o per lo meno qualche gran esso aggiunta per mezzo suo (4)). Che il Duomo poi mano fosse terminato, allorchè il nominato Giorgio viveva a credersi, tanto per una certa differenza, che nasceva fra la parte interna, ed esterna che dava a conoscere non essere l'edificio ne di una sola età, nè di un solo architetto, e per

imenti che abbiano, i quali ci provano, che la fabbrica

proseguiva circa il 1360.

Nel primo libro dello

Statuto di Fermo (41) si trova una Legge, che determina il modo dennizzare la festa dell' Assunta, ed è rimarcabile la prescribe, che vi è di offrire delle pietre, perchè si prosegua la fab

bria del Duomo

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come altresì si trova una risoluzione del Con

glio di Fermo sotto il giorno 14 Febraro del 1391 di fare 'apertura nella confessione del Duomo (42). Ed in fine nell'archivio dei Canonici si ha che un tal Gentile, ed un fermano Migliorati danno in dono nel 1429 molti quadri di marmo,

Tom. I.

i

cio

quali servirono per incrostarne tutta la Chiesa, ed il campan nile (43). Era il Duomo sudetto di figura quadrilunga con a capt un' abside non troppo elevato. La sua divisione era in tre navat compartite in quattro archi da ogni banda di sesto acuto retti di colonne rotonde di pietra cotta con capitello avente una semplic Scozia intagliata sul marmo. Nessuno era l'Altare, che vi vedesse, meno il maggiore, ed uno aggiunto assai posteriormen dal Collegio dottorale, e appoggiato alla parete sinistra entrand verso da piedi. Tre erano le sue porte la maggiore volta ponente, che tuttavia esiste, e due dalla parte del sud, una quasi all'estremo della facciata dal detto lato, ed una mag giore, ed ornata nel mezzo. Una cappella dedicata al Sacrament dalla parte sinistra dovette essere aggiunta in tempi assai po steriori, e forse verso la metà del mille, e cinquecento. Avev il Duomo di Fermo anche un sotterraneo largo quanto tutto presbiterio, e l'abside nominato, e le colonne che ne reggevon la volta erano di diversi antichi marmi, con capitelli e basi p rimente antiche, e d' ordini differenti, ma la maggior part corintie, e ad esso sotterraneo si scendeva nell'interno mediant due scale collocate una per banda nel presbiterio sudetto. F esso distrutto nell' episcopato del Cardinal Paracciani, il qual intraprese la nuova fabbrica, che poi compì il suo successor Monsignor Minucci (44). La sola facciata presenta l'antica su venusta, e ricchezza (45).

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La diversa maniera, in cui leggono la lapide, che trova nell' architrave della porta maggiore del Duomo di Jesi, tan Colucci, che Baldassini (46) ci tiene incerti sull'epoca, in cl lo stesso Giorgio vi fosse occupato. Il primo lesse 1237, ed secondo 1227. Ritengo però che Colucci battesse meglio n segno, mentre nel 1227 sappiamo con certezza, che quest'architet era occupato nel Duomo fermano, non potendosi dubitare dell'ann indicato chiaramente nella lapide di Fermo. Tenendo dietro all parole stesse dell' istoriografo Tommaso Baldassini possiam credere, che anche in questa fabbrica non fosse Giorgio adoprato che ad ampliarla, o restaurarla. Ci dice esso - In una cartepecor

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aichissima conservata nell' archivio del Capitolo di Jesi si la consacrazione della Cattedrale celebrata l'anno mille, duecento otto con l'assistenza delli Vescovi di Ancona, Do, Umana, e Fano, con le Reliquie ecc. (47). Se dunque 128 fu compiuto il Duomo jesino non puossi supporre, che

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spese

dopo si ricostruisse di nuovo, per cni non potrei conFire on l'altro Baldassini (che nel 1765 publicò un' altra storia dela sa patria) che dice essersi nel 1227 costrutta la nuova del pubblico erario nei tempi, in che regnavano Gran IX., e Federico II. Imperatore, e che reggeva la Diocesi Severino, che ne fu il duodecimo Vescovo (48). Deve peranto qui intendersi quell' espressione fecit hoc opus, secondo Lami, cioè come indicante un'ampliamento, o restauro. questo restauro poi fosse di qualch' importanza possiamo porlo nel vedere nella lapide stessa che Giorgio si dice Esinus mentre non concedevasi in quel tempo un tal privilegio, a coloro soltanto, che per l'ingegno, o pel valore se lo erano priate. Qualunque però fosse il merito del suo lavoro, altro, à congettura possiamo rilevarlo, mentre trovo riferito, che 120 decembre del 1481 Monsignor Carducci fiorentino

de da

di Osimo, ed i suoi Canonici supplicarono il Consiglio quela Città, onde volesse accedere alla spesa pel restauro doro Cattedrale, ed in fine del foglio per eccitare quei di havete lo exemplo de nostri vicini, et maxime

dicono

a, e che da fondamenti hanno redificato per coptimo la a cathedrale, senz' alcun ajuto de' persona (49). Questa

espressione non

può sicuramente riferirsi, che ad un tempo

, non essendo neppure da supporsi il contrario. Che la ade, che ricorda l'opera di Giorgio rimanesse nell'architrave della porta maggiore, finchè nel 1749 fu da fondamenti eretta la Des, the oggi vediamo, non è da far meraviglia, mentre può esersi conservato l'ornamento dell'antico arco della porta, riedi

Sandosi tutto il resto (50).

Oltre

a

queste fabbriche

i della Penna nell' erezione della loro Chiesa principale trenta

veggo il nostro Giorgio impiegato da

anni anni dopo che aveva compiuta quella di Fermo, e sette ann da quella di Jesi. Si trovava egli in quel paese fino dal 125%, the giacchè sottoscrisse, come testimonio la cessione del Cassero ch fece al Rettore della Marca per ordine del Papa il Podestà Penna. Da quest' epoca a quella in cui si ha il compimento dell Chiesa scorsero cinque anni, e vorrebbe Colucci (51) che in tutt, questo periodo fosse occupato Giorgio nell' erezione di quell edificio, ma osta al suo pensiere il vedersi, che la radunanza de popolo per la cessione del detto Cassero si tenne in Eccles Sancti Joannis, e le ragioni ch' egli adduce per abbatter questo argomento contrario non mi sembrano tali da potersi soste nere. Sarei pertanto d'avviso, che anche quei di Penna si servi sero del nostro architetto a que' medesimi fini, per cui già vedemmo tanto a Fermo, che a Jesi. Molto vasta doveva esse questa Pievania, giacchè da pochi ruderi, che restano all' infuo dell'area di quella, che nuovamente si eresse nel 1756 si confron la sua vastità, che presentasi ancora maggiore, quando si conside ch'essa doveva contenere una popolazione ben ristretta qual' quella di Penna. Nell' architrave della porta maggiore si leggon le due iscrizioni (52), una delle quali rammenta l'antica fabbric ed in essa a nome di Giorgio architetto sussiegue soltanto la citta dinanza jesina; dal che si può argomentare, che grato a qu di Jesi dell'onore compartitogli tacque assolutamente in ques luogo la patria dov' ebbe i natali, e si dichiarò solo jesino l'altra poi ricorda la costruzione della nuova Chiesa avvenu come indicai nel 1736. L'alta torre di pietra cotta, che rimar a ridosso di questa fabbrica è opera facilmente del secolo XI Danneggiata essa di frequente da fulmini, ebbe in varie circ stanze considerabili restauri.

Per quanto della Chiesa di San Giovanni di Penna non c desse qui il farne discorso, siccome non appartenente all'erezion od ampliamento, che si fece in quest' epoca delle Cattedrali, pur l'essersi adoprato in quella fabbrica un'artista, che può dir: appartenente alla nostra provincia, giacchè ebbe tanta parte i quelle di Fermo, e di Jesi, ha fatto sì che devi per un'istant

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